PERCHE’ LA DISLESSIA SEMBRA ESSERE IN AUMENTO?

Fino a quindici anni fa in Italia quasi nessuno sapeva cosa fosse la dislessia. Eppure i dislessici esistevano, così come i discalculici, i disgrafici, i disortografici e tutte quelle altre parole che iniziano con dis. Sarebbe infatti irragionevole pensare che la dislessia sia comparsa dal nulla quindici anni fa solo perché ha cominciato ad essere diagnosticata.
Quando si è cominciato a parlare di dislessia e ad effettuare le prime diagnosi, il problema è venuto alla luce. E’ quindi naturale che nei primi anni ci sia stato un aumento esponenziale dei casi di dislessia diagnosticata, che non ha nulla a che fare con un aumento reale dei casi.
Dal 2010 lo stato italiano, anche se in ritardo rispetto agli altri stati, ha riconosciuto il problema della dislessia e ha emanato delle leggi per la tutela dei bambini dislessici e per facilitare la loro individuazione nei primi anni delle scuole elementari. La conoscenza capillare del problema avrebbe dovuto arrestare l’aumento del numero di diagnosi da un anno all’altro, ma ciò non è avvenuto.
La spiegazione allora si può forse cercare altrove.
Per noi, adulti del XXI secolo, leggere è quasi scontato. Ma non è sempre stato così. In relazione alla storia dell’uomo, la scrittura a la lettura sono conquiste molto recenti e fino a duecento anni fa l’analfabetismo era così diffuso che non si poteva dare per scontato che una persona qualunque fermata per strada sapesse leggere.
Negli ultimi duemila anni tuttavia, la scrittura e la lettura sono stati il principale mezzo di trasmissione del sapere, anche se si trattava di un sapere limitato a poche persone. Non c’era la radio, non c’era la televisione, non c’era internet e nemmeno c’era la possibilità di stampare grandi manifesti pubblicitari pieni di disegni e di colori. Il sapere insomma era trasmesso tramite un codice in bianco e nero.
Ma tutto questo è cambiato negli ultimi anni. Nel 1997 solo i professionisti possedevano un telefono cellulare. Nel 2002 tutti i ragazzi delle scuole superiori ne avevano uno e comunicavano via SMS; nel 2007 scattavano fotografie con il telefonino. Oggi un bambino a sette anni sa usare il cellulare meglio dei suoi genitori, a dieci utilizza applicazioni di messaggistica tramite rete internet, a dodici fa filmati e crea semplici montaggi, inviandoli poi a decine di amici.
Viviamo in un mondo in cui “però” si scrive “xò”, in cui “ti voglio bene” si dice TVB e un bacio si manda con una faccina, un mondo in cui un messaggio senza emoticon genera subito la domanda “ma sei arrabbiato?”, un mondo in cui invece di scrivere in chat è possibile registrare un messaggio vocale e inviarlo istantaneamente.
L’aver sostituito le lettere con le immagini già di per se comporta una maggiore difficoltà nel decodificare i grafemi rispetto al passato. Ma non è finita qui. I bambini di oggi sono abituati ad avere tutto e subito. Nell’epoca dell’usa e getta tutto è dato senza attesa, confezionato e pronto per essere consumato, esattamente come un’icona che dice tutto e subito, senza bisogno di uno sforzo intellettuale per essere decodificata. Imparare a leggere invece richiede pazienza, costanza, capacità di sopportare le frustrazioni e di perseverare nonostante i fallimenti. Tutte cose che i bambini di oggi sanno fare sempre meno, che siano dislessici o no.
Se le cose non cambiano, in futuro insegnare a leggere ai bambini sarà sempre più difficile…

CC BY-NC 4.0
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International License.

Aggiungi ai preferiti : permalink.

Rispondi